La Stella del Texas (Galveston, Tex.), Vol. 2, No. 46, Ed. 1 Saturday, November 22, 1913 Page: 2 of 8
eight pages : ill. ; page 24 x 16 in. Scanned from physical pages.View a full description of this newspaper.
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In una sala spaziosa, sedute intorno
a un ampio tavolo, quattro persone;
sul tavolo, un fascio di carte, un cala-
maio, delle penne. Par di vedere una
delle tante Commissioni diplomatiche
che lavorano a non risolvere i conflitti
balcanici: e invece si tratta duna tran
quilla e dimessa conversazione fra il
maestro Smareglia: i suoi due figliuoli
ed un giornalista.
Argomento : 1’ “Abisso”, la nuova
opera in tre atti (libretto di Silvio
Benco, musica di Antonio Smareglia),
su cui, fra non molto, si pronunzierà’
il pubblico della Scala. Ma bisogna du-
rare una certa fatica per tenere il mae
stro nell’argomento: con la sua ‘par-
lantina vivace, con la sua facilita’ di
pensare e di dire, con certa sua piace-
vole tendenza alle divagazioni, ogni
poco egli s’arrampica, risale su dallo
“Abisso” a parlar d’altro, e a noi ora
spetta il crudele compito di riprecipi-
tarvelo senza pietà’.
Gli e’ che ad Antonio Smareglia non
piace disporre programmi musicali,
un po’ vani e pretenziosi come la
maggior parte dei mille ottocento pro-
grammi politici di questa stagione elet
forale: non piace di teorizzare sui con
cetti che lo guidarono nel comporre.
Per indurlo a dir qualche cosa interim
alla sua nuova opera, bisogna interro-
garlo sul libretto. Allora mettendo da
parte le reticenze e le divagazioni, al-
za il sipario sul primo atto e non lo
riabbassa che alla fine del terzo, senza
conceder intervalli, nemmeno per i
cambiamenti di scena.
8 8 8
L’azione di questo libretto che il
maestro Smaregliaha con grande pa-
zienza ha musicato fra il 1908 e il 1910
si svolge in una capanna nelle Alpi
Pennine e in un castello di Lombardia,
l’anno della discesa di Federico Bar-
barossa in Italia e della battagia di
Legnano. Ma non si tratta di un dram-
ma storico, benché’ il sentimento di
riscossa che affratello’ i lombardi a
Pontida e li strinse a Legnano intorno
al Carroccio, vi sia introdotto ad allar-
gare i confini del quadro, ad impri-
mergli un carattere piu’ maschio e piu’
ideale, in contrasto con quanto nel
dramma stesso e’ cieca passione e vio-
lenza bruta.
“Abisso” e’ la storia di un’avventu-
ra di guerra. In una tempestosa notte
d’inverno, nella loro capanna sulle Al-
pi, il boscaiuolo Anseimo e le sue gio-
vani nipoti, Gisca e Mariela, vegliano
accanto al focolare, mentre il vento di
fuori imperversa e s’odono strani ru-
mori e a volte come un fruscio di passi
misteriosi. Le fanciulle origliano di
sull’uscio, curiosamente e par che at-
tendano: Mariela, gaia, fidente, spen-
sierata; Gisca un po’ triste, un po’ an-
siosa. Quando Anseimo quasi a spie-
gare il mistero di quei rumori nottui
le ammonisce:
Sovra i campi di neve erra talvolta
un pellegrino che si chiama Ignoto...
le due fanciulle danno una diversa ri-
sposta che, fin dalle prime scene, le
caratterizza. Risponde Mariela, gaia-
mente: “Ha vent’anni Ignoto, e anche
è il mister”; e Gisca dice: “Io sen-
to — non la tua gioia, ma un desio di
pianto; — mi corre Fossa del destino
il brivido....”.
Il presentimento non è vano. Ignoto
entra di li’ a poco nella capanna sotto
le sembianze belle e selvagge di Han-
no, cavaliere germanico, capitano nel-
l’esercito di Barbarossa, che’ passando
con i suoi uomini per quel valico alpi-
no, invade a viva forza il tugurio del
boscaiuolo, e messo l’occhio su Gisca,
le intima senz’altro di seguirla. Ella
sara’ la rosa del suo bottino di guerra.
Gisca obbedisce, divisa fra un confuso
sentimento di ribellione contro la pre-
potenza del feroce guerriero, e d’in-
confessato amore. Mariela, ebbra quasi
di giovinezza, stordita da quell’appari-
zione di bellezza selvaggia e di violen-
za bruta cosi somigliante al suo sogno,
s’abbandonerebbe invece senza lotta;
ma il guerriero barbarico la respinge:
“Voglio la tua sorella, non te, inten-
di?”,, e soggiunge, polche’ egli e’ il
padrone, che la prende lo stesso come
cosa sua, per donarla a Vito Krainach,
al suo scudiero.
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Nel secondo atto, in un castello di
Lombardia, dove si e’ annidato con i
suoi barbari per tener domi e obbe-
dienti all’aquila germanica gli abitan-
ti del luogo, Hanno banchetta. Il cava
liere tedesco “insaziabile al riso ed a
l’amore, — alle tazze ed alle armi” di-
mentica nell’orgia la guerra. Volubil e
assetato di piaceri e di gioie, egli tra-
scura Gisca, che l’ama ora follemente
e spasima di gelosia, per badare a Ma-
riella che, in un gioco di gaia civette-
ria, si schermisce e lo adesca, lo aizza
e si nega. E mentre tracanna tazze dì
buon vino italico e bevo dagli occhi di
Mariela la voluttà’ promessa, deride
Finettitudine di Vito Krainach, “gentil
garzone, cuore malinconie;)'’, che non
sa dare alla sua donna a l’ebbrezza pie
na e la piena gioia d’amore.
Quando Gisca, lasciata in disparte,
rimane sola nella stanza, in preda alle
angoscie della gelosia, le appare in-
nanzi d’un tratto, come un’ombra, un
monaco, uno zelatore quasi biblico,
nel furor sacro che lo tiene della ri-
scossa italica contro il Barbarossa. Il
monaco le paria di liberta’ e di patria,
e la esorta a imitare l’esempio di Giu-
ditta, uccidendo nel sonno l’oppresso-
re: la morte di Hanno sara’ il segnale
a cui il popolo si solleverà’. Scomparso
il frate, Gisca, mentre e’ incerta se
seguire il suo suggerimento o ascolta-
re la voce della passione, ode un can-
to gioioso e procace di Mariela e di
Hanno, quasi una tenzon d’amore, che
la decide. Stacca dalla parete una spa-
da e s’apposta dietro la porta. Ma non
osa calare il fendente. E quando Han-
no, accortosi dell’insidia, le è sopra
per ucciderla e si astiene dal farlo
solo per l’intercessione di Mariela, ella
lo supplica: “Tu devi uccidermi — non
per amor di lei lasciarmi vivere”; poi,
come vede il guerriero e la sorella ba-
ciarsi non curanti della sua presenza,
da’ un balzo verso la finestra e di la’
grida al popolo che ardisca, che inva-
da il castello, che venga a impadronir-
si di Hanno, ubbriaco di vino e di a-
more.
L’ultima scena del secondo atto si
svolge in un fragor di battaglia, fra un
accorrere di soldati germanici alle ber
fesche e un risuonar d’armi e di trom-
be. Gisca e Mariela, come due creatu-
re perdute, dimenticate da tutti, folli
di terrore, avvorticate dalle passioni,
si trovano l’una di faccia all’altra.
“— Gisca’ ” — “Mariela!” — “Ancora
sorelle!” — In un destino travolte.
E all’altra, che s’allontana con lo
sguardo vitreo, con nel volto i segni
della follia, domanda Mariela: — “Do-
ve vai? dove vai?” — E Gisca rispon-
de: — “Per la mia oscura strada —
verso un ignoto abisso.... — Ma non
so.... Ma non so....
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Il terzo atto e’ rapidissimo. Hanno,
vinto dai popolani, preso e imprigio-
nato su la piu’ alta torre del castello,
non pensa che ad evadere, e mal rie-
sce Mariella a distrarlo, a placar la
sua ansia, stordendolo coi baci e con
l’ardente lirismo delle sue parole. Men-
tre dura l’abbandono degli amanti, un
suon di campane si diffonde per l’aria,
da una villa all’altra, da un campanile
all’altro: uno scampanare festoso, sem
pre piu’ forte. Hanno si svincola dal-
l’amplesso, ascolta; e ode dal borgo
grida di giubilo, le grida che salutano
la sconfitta del Barbarossa, il trionfo
della Lega Lombarda. Non v’e’ piu’ da
indugiare. Il prigioniero stacca la cor-
da della campana sospesa fra due mer-
li e se la lega alla cintola per calarsi
giu’ dalla torre. Ma ecco che Gisca ap-
pare; Gisca che ora nel borgo, e’ chia-
mata la pazza, perche’ la gelosia l’ha
travolta in una cupa demenza. Ella ri-
volge ad Hanno parole insensate in
cui pur vibra il suo doloroso amore;
ricanta una nenia che soleva cantare
un tempo, nella capanna alpina, e che
accoglieva come un’eco vaga e acco-
rata della sua prossima sorte; e sem-
bra immemore, innocua, rassegnata.
Ma quando Mariela vuol raggiungere
Hanno per fuggire con lui, la demente
le si para dinanzi,, glielo impedisce.
Lottando, le due sorelle giungono pres
so i merli della torre, sull’orlo dell’a-
bisso; quivi Gisca libera improvvisa-
mente Mariela e con una spinta la
precipita dalle mura. E il popolo, fatto
accorto del tentativo di Hanno, accor-
re sul torrione, lega il prigioniero con
la fune stessa con cui si preparava ad
evadere, e lo trascina violentemente a
la presenza dei consoli, mentre Gisca
si getta innanzi ad Hanno con l’inge-
nuo suo riso di folle, per abbracciargli
le ginocchia. Respinta, malmenata dai
popolani, eia grida verso l’uomo che la
ha precipitata nell’abisso della demen-
za:
O mio signore,
Sono tanto felice e t’amo tanto!
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Della sua musica il maestro si risol-
ve a fornirci questa laconica notizia:
— L’intenzione, data la larghezza
dei quadri, fu certamente quella di
creale un’opera con ricco svolgimento
sinfonico. Pero’, l’azione che non si
interrompe mai e che in alcuni tratti
vuol essere incalzante, costringe la
musica ad aderire alle linee del dram-
ma.
— E quando andra’ in scena “Abis-
so?”.
— Subito dopo il “Parsifal”: e le
prove incominceranno forse verso la
meta’ di dicembre. Tre interpreti sono
già’ definitivamente scelti: il tenore
Caleia per la parte di Hanno, per la
parte del Frate il baritono Bione, e per
quella di Gisca la Langord, che non
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Vaiani, Louis. La Stella del Texas (Galveston, Tex.), Vol. 2, No. 46, Ed. 1 Saturday, November 22, 1913, newspaper, November 22, 1913; Galveston, Texas. (https://texashistory.unt.edu/ark:/67531/metapth1178605/m1/2/: accessed July 17, 2024), University of North Texas Libraries, The Portal to Texas History, https://texashistory.unt.edu.; crediting Rosenberg Library.